Nella notte del mercoledì 20 agosto 1947 un piccolo aereo da trasporto americano C-46 (“Commando”) atterrò a Baghdad. L’aeroporto era deserto. Dal velivolo scese una sola persona, Shlomo Hillel, membro del Mossad LeAliyàh Bet, che entrò di nascosto nella capitale per organizzare il trasporto del primo gruppo di olìm dall’Iraq a Israele. In base al piano, i primi 50 immigrati dovevano entrare nell’aeroporto, strettamente sorvegliato, attraverso una piccola apertura nella recinzione, restare sdraiati a terra finché il C-46 non fosse giunto accanto a loro durante la fase di riscaldamento dei motori e a quel punto correre verso l’aereo che li avrebbe portati in Israele. I piloti erano due veterani americani della Seconda Guerra Mondiale che si erano offerti per le operazioni clandestine Avirayim.
Fu un’operazione complessa e pericolosa e non fu facile organizzare gli olim in piccoli gruppi sotto traccia. Secondo Shlomo Hillel, ex Presidente del Keren Hayesod, i partecipanti all’azione hanno davvero rischiato la vita. Tutto andò per il meglio e diverse ore dopo il decollo da Baghdad l’aeroplano con i primi immigrati raggiunse un campo di atterraggio temporaneo vicino a Yavn’el. Seguirono altre due operazioni simili, una dall’Italia e una ancora da Baghdad.
Era la prima volta che il Mossad LeAliyàh Bet dell’Haganàh, con il sostegno dell’Agenzia Ebraica, conduceva un’operazione di salvataggio aereo segreta e rischiosa da un Paese ostile. Da allora, l’Agenzia Ebraica e il Keren Hayesod hanno portato a termine numerose operazioni clandestine di Aliyàh in Paesi ostili e lontani in condizioni critiche.
Nel 2017, 70 anni dopo il salvataggio, un aereo identico a quello utilizzato per l’operazione è stato portato in Israele durante una cerimonia speciale a cui hanno preso parte alcuni degli Ebrei salvati, insieme a Shlomo Hillel e ad altri organizzatori. L’aereo è stato esposto nel campo di detenzione di Atlit.